Gli ingredienti del panettone: la farina
La farina: Le farine ideali per la produzione di grandi lievitati sono quelle forti con un W che va da 350 ai 380. Queste farine sono dette “forti”, per la capacità del glutine di trattenere gas all’interno dell’impasto e sono quindi indicate per le lunghe fermentazioni, per ottenere prodotti voluminosi con un’alveolatura ben sviluppata. Sono farine ricavate da grani con contenuto proteico del 15-16%, essendo usate quasi esclusivamente per la produzione di lievitati.
Da sapere: “0” e “00” c’è ancora chi fa confusione. La farina doppio zero è più raffinata e ha un contenuto di ceneri molto basso, ma anche con meno proteine di una farina tipo zero. La farina doppio zero, quindi, non è più forte della zero, come spesso erroneamente si pensa, ma più “rigida”. Sono, infatti, le proteine a fornire estensibilità ed elasticità a questa materia. Dopo la macinazione, nelle farine rimane soprattutto la parte centrale e quindi la composizione chimica sarà essenzialmente di amido e poche proteine, presenti in scarse quantità anche zuccheri, grassi, sali minerali e cellulose.
Le caratteristiche tecnologiche della farina rivestono un’importanza fondamentale cui nessun operatore dovrebbe prescindere, perché determinano il comportamento della materia prima in vari processi di lavorazione. Da esse dipende, infatti, la qualità dell’impasto e del prodotto finito. Tra queste sono importanti le caratteristiche reologiche (elasticità ed estensibilità) e del glutine, nonché le proprietà fermentative.
Con la lettera P si indica la tenacità dell’impasto, con la L, invece, la sua estensibilità. Dal rapporto P/L è possibile valutare l’equilibrio tra tenacità ed estensibilità della farina. Quando P/L è inferiore a 0,40 le farine sono molto estensibili, collose durante la lavorazione e danno un prodotto poco sviluppato perchè la maglia glutinica non trattiene l’anidride carbonica prodotta dai lieviti. Quando P/L è superiore a 0,70, invece, le farine sono molto tenaci e difficili da impastare, anche in questo caso il prodotto sarà poco sviluppato. Il valore ottimale è compreso tra 0,40 e 0,70.
Dal valore di W è possibile quantificare la forza dell’impasto e la qualità tecnologica della farina. Per W inferiori a 150 le farine sono deboli, gli impasti collosi e difficili da lavorare. Se il valore è compreso tra 150 e 170 la forza è mediocre. Tra 170 e 250 la forza è media, tra 250 e 310 parliamo di farine forti. Quando i valori di W superano i 310 siamo in presenza di farine molto forti che richiedono lunghe lievitazioni.
La forza della farina dipende soprattutto dalla quantità e qualità del glutine: più è alto il contenuto di glutine nella farina più elevato sarà il suo valore di forza. Quest’ultima è, inoltre, influenzata dall’amido, dalla sua “attaccabilità” e dagli enzimi amilasi. Una farina forte ha una grossa capacità di trattenere anidride carbonica e, avendo una maglia glutinica molto resistente, dà origine a un impasto asciutto ed elastico.
La forza della farina definisce:
– la quantità di acqua necessaria nell’impasto e il tempo di impasto
– le caratteristiche dell’impasto stesso
– la variazione dell’impasto durante la fermentazione, la formatura, la lievitazione e la cottura
– lo sviluppo del prodotto durante la lievitazione
– i tempi e i parametri della lievitazione stessa
– il volume del prodotto finito, la sua forma e le caratteristiche della mollica.
Il lievito presente nell’impasto determina la fermentazione utilizzando inizialmente gli zuccheri della farina e, successivamente, il glucosio formato dall’idrolisi dell’amido. La capacità fermentativa della farina permette di prevedere l’attività della fermentazione dell’impasto e, in base alla quantità e qualità di glutine, si può conoscere il volume e la porosità del prodotto finito. Quando la capacità fermentativa è più alta, nell’impasto si formano più zuccheri, il processo di fermentazione è più rapido e la crosta del prodotto finito avrà un colore più intenso.
Se la capacità fermentativa di una farina è troppo alta significa che le alfa e beta amilasi sono troppo attive (può succedere quando il grano o la farina sono stati conservati in ambiente umido), si consiglia, quindi, di evitare l’uso di questa farina perché darebbe origine a un impasto colloso, appiccicoso e il prodotto finito risulterebbe scadente.