La farina di segale
Durante il Medio Evo, la produzione di segale fu, in Europa, più importante di quella del frumento, grazie alla competitività di questa pianta con quella del frumento e della sua migliore adattabilità ai climi freddi. Dato la sua alta resistenza nei confronti dei mutamenti climatici, la segale veniva coltivata prevalentemente nei paesi nordici. Furono le grandi migrazioni delle popolazioni del nord Europa a determinare la sostituzione del frumento con la segale. In seguito, la coltivazione di questo cereale, iniziata probabilmente prima dell’era cristiana in numerose località dell’Asia, si diffuse rapidamente in Europa, dove, attualmente, si produce il 90% del raccolto mondiale di segale. In Italia la produzione è scarsa e localizzata prevalentemente nelle zone montane. All’estero, invece, il suo impiego in panificazione è largamente diffuso. In Russia, per esempio, la produzione di pane di segale supera quella del pane di frumento. Il pane di segale ha valori nutritivi leggermente inferiori a quelli del pane di frumento, in particolare presenta un minor contenuto proteico e una maggiore quantità di crusca. Queste caratteristiche conferiscono al pane di segale un colore piuttosto scuro e il pregio di apportare all’organismo una buona quantità di fibra grezza. La farina di segale si ottiene dalla macinazione dei chicchi di segale e presenta buona attitudine per la panificazione. È caratterizzata da rese moderate e da un alto quantitativo di ceneri. La composizione chimica della farina di segale dipende dalla qualità. A differenza della farina di frumento, quella di segale contiene un quantitativo inferiore di proteine, in particolar modo quelle formanti glutine. In compenso, la segale contiene molte fibre bianche (come i pentosani). Tali sostanze sono in grado di assorbire elevate quantità liquidi e di gelatinizzare a temperatura ambiente, formando una massa densa e collosa. Anche l’amido della farina di segale gelatinizza più facilmente rispetto a quello di frumento, questo processo avviene durante la cottura, a una temperatura compresa tra 50° e 55°C, quindi più bassa rispetto alla farina di frumento, il cui amido gelatinizza a temperature superiori a 60°C. L’amido della segale, inoltre, data la sua struttura, è particolarmente idoneo a essere attaccato dagli enzimi diastasici, la cui attività è solitamente alta in questa farina. Questi enzimi “disfano” l’amido, dando origine a composti quali le destrine, che conferiscono al prodotto la caratteristica “appiccicosità”, e i monosaccaridi, nutrimento indispensabile per il lievito. La segale è anche più ricca di zuccheri propri rispetto alla farina di frumento.Infatti, per realizzare le ricette con la segale non viene utilizzato il malto chiaro (con diastasi attiva), ma malto scuro disattivato (trattato termicamente per inattivare le amilasi). La struttura dell’impasto a base di farinadi segale è differente dall’impasto prodotto utilizzando la farina di frumento. L’impasto a base di segale L’impasto a base di segale è poco elastico e quasi privo di resistenza, perché contiene poco glutine. La sua struttura non è formata dalla caratteristica maglia glutinica, che assorbe tutti gli altri componenti al suo interno, ma può essere immaginata come una fase liquida, nella quale sono disperse tutte le altre particelle. La qualità del pane di segale dipende molto da questa fase liquida dell’impasto, in cui si trovano la sostanze gelatinose (come i pentosani) e le proteine, rigonfiate e parzialmente spezzate in peptidi (perché la segale solitamente si caratterizza da una buona attività enzimatica, per cui anche le sue proteasi sono piuttosto attive). Inoltre, nella fase liquida si trovano le sostanze solubili in acqua (le destrine, gli zuccheri, i sali minerali, gli acidi organici ecc…) e, in dispersione, le particelle della fase solida: le fibre, l’amido e le proteine insolubili. Per poter lavorare un impasto a base di segale è indispensabile aumentare l’acidità della pasta in tutte le fasi della sua lavorazione. L’acidità raccomandata per l’impasto di segale (misurata al termine della prima fermentazione) raggiunge mediamente i 10-12°N ed è nettamente superiore a quella ottenuta al termine della prima fermentazione nell’impasto prodotto dalla farina integrale di frumento (pari circa a 7°N). È importante mantenere questo tenore di acidità per rallentare l’attività enzimatica dell’impasto, in modo particolare quella amilolitica e proteolitica. Se l’acidità dell’impasto di segale non è sufficientemente alta, il prodotto risulta difettoso, con una mollica umida, pesante e molto appiccicosa (a causa delle a-amilasi che agiscono durante la cottura sull’amido gelatinizzato e lo spezzano fino alle destrine, causando l’appiccicosità della mollica). Un elevato tenore dell’acidità nell’impasto di segale non migliora soltanto l’aspetto del prodotto, ma gli conferisce anche un gusto e un aroma specifici e molto gradevoli. Per aumentare l’acidità, nell’impasto a base di segale si possono introdurre vari supporti fermentativi sufficientemente acidi, come biga, pasta di riporto ecc… Ma il sistema migliore rimane l’impiego di lievito naturale. Durante le fasi di riposo, nel lievito naturale si sviluppa la flora batterica e si accumulano gli acidi organici. Una volta maturo, il lievito naturale viene introdotto nell’impasto apportando sia i microrganismi, che i loro metaboliti. Gli acidi organici, introdotti nell’impasto con la porzione del lievito naturale e in seguito prodotti nell’impasto stesso, hanno un ruolo fondamentale nella panificazione con la segale, perché: inattivano gli enzimi liquifacenti (come le a-amilasi) e proteolitici, mantenendo più solida la struttura dell’impasto; aiutano ad avere una struttura più bella della mollica (inibendo le amilasi e rallentando la formazione delle destrine); impediscono l’eccessiva colorazione della crosta; in cottura partecipano nelle reazioni di formazione del gusto e dell’aroma del prodotto.